La Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale, con la sentenza n. 1767/17 si è occupata dei requisiti di legittimità del DASPO (ovvero del Divieto di Accedere a manifestazioni Sportive), ex Legge 401/89.
L’art. 6 della legge 401/1989, dispone che nei confronti delle persone denunciate o condannate con sentenza anche non definitiva negli ultimi cinque anni per reati descritti dal medesimo articolo 6, ovvero per aver preso parte attiva ad episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o che nelle medesime circostanze abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza, il questore puo’ disporre, in via amministrativa, il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive specificamente indicate, nonche’ a quelli, specificamente indicati, interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime.
La Corte di Cassazione ritiene la dicitura “in occasione o a causa di manifestazioni sportive” non debba essere interpretata nel senso che gli atti di violenza debbano essersi verificati durante lo svolgimento della manifestazione sportiva, ma nel senso che con essa abbiano una particolare connessione. “La ratio della disposizione in questione è, infatti, quella di prevenire fenomeni di violenza, tali da mettere a repentaglio l’ordine e la sicurezza pubblica, laddove questi siano connessi non con la pratica sportiva ma con l’insorgenza di quegli incontrollabili stati emotivi e passionali che, tanto più ove ci si trovi di fronte ad una moltitudine di persone, spesso covano e si nutrono della appartenenza a frange di tifoserie organizzate, perlopiù, ma non esclusivamente, operanti nell’ambito del gioco del calcio. Si tratta di fenomeni per i quali fungono da catalizzatore, spesso con improvvise a incontrollabili interazioni, sia l’andamento agonistico più o meno soddisfacente della compagine per la quale si parteggia ovvero le modalità con cui l’apparato amministrativo ed organizzativo di questa intende condurre il rapporto con la propria tifoseria sia l’eventuale confronto, in una logica elementare in cui la appartenenza ad un gruppo comporta la ostilità verso altri gruppi, immediatamente intesi come possibili assalitori, con una tifoseria avversa” (Altalex).
Pertanto, la Corte di Cassazione è contraria ad un’interpretazione restrittiva della norma, restringendo il suo campo di applicazione unicamente alle manifestazioni sportive, prediligendo, invece, l’estensione della normativa a tutti quei momenti antecedenti o successivi in cui si verificano episodi illeciti o pericolosi originati da una distorta concezione di tifoso o passione sportiva.
Inoltre, si badi come la Cassazione in diverse pronunce, ha definito il concetto di manifestazione sportiva come ogni evento (cui fa riferimento il Daspo) che sia sufficientemente pubblicizzato, in maniera tale che il destinatario del divieto del Questore possa esserne preventivamente a conoscenza (esempio, amichevole secondaria di una squadra di calcio, ove il destinatario del Daspo non aveva la possibilità, se non con una ricerca da parte sua, di venire a conoscenza dell’evento sportivo).