LE FONTI DEL DIRITTO – RIASSUNTO
Le fonti del diritto sono tutti gli atti o fatti che fanno nascere, modificare, aggiornare o estinguere una norma giuridica. Le fonti atto (provengono da una autorità che ha il...
Il reato di patrocinio infedele, disciplinato dall’articolo 380 c.p., tutela l’affidamento che il cliente ripone nel proprio difensore e il corretto esercizio della funzione difensiva. Si configura quando l’avvocato, nell’esercizio del suo mandato, rende infedele il proprio patrocinio, compiendo atti contrari ai doveri professionali o negligendo consapevolmente attività dovute, con conseguente danno agli interessi del cliente.
L’elemento oggettivo consiste in una condotta attiva o omissiva che violi in modo rilevante gli obblighi di lealtà, diligenza e correttezza. Rientrano nel paradigma penale comportamenti quali l omessa proposizione di atti fondamentali, il mancato esercizio di impugnazioni necessarie, la rinuncia ingiustificata a mezzi di prova o qualunque scelta processuale adottata con consapevole pregiudizio per la parte assistita. Non è sufficiente un errore professionale o una valutazione tecnica discutibile: occorre una violazione evidente e grave dei doveri dell’incarico.
Sul piano soggettivo, il reato richiede dolo generico, ossia la coscienza e volontà dell’avvocato di tenere una condotta infedele, pur senza necessità di perseguire un vantaggio personale o danno specifico. Il cliente deve aver subito un nocumento, che può essere patrimoniale o anche solo processuale, come la compromissione della posizione difensiva.
Il patrocinio infedele rappresenta una delle ipotesi più gravi di responsabilità penale del difensore, poiché incide su un rapporto fiduciario essenziale e sul corretto funzionamento della giustizia. L’ambito applicativo è rigoroso: solo comportamenti realmente lesivi e volontariamente infedeli assumono rilevanza penale, distinguendosi dall’imperizia o dall’errore umano che restano sul piano civilistico e disciplinare.