Il fenomeno dei “furbetti del cartellino” – ovvero dei dipendenti che timbrano l’ingresso al lavoro per risultare presenti, ma in realtà si allontanano e non prestano servizio – è da anni oggetto di attenzione da parte delle autorità giudiziarie, dei media e del legislatore. Si tratta di un comportamento gravemente illecito, che espone il lavoratore a conseguenze sia disciplinari che penali.

1. 

Il fatto: timbrare e allontanarsi dal posto di lavoro

Quando un lavoratore utilizza il sistema di rilevazione delle presenze (timbro del cartellino) per attestare falsamente la propria presenza in servizio, ma si allontana o svolge attività estranee al rapporto di lavoro, compie un comportamento ingannevole che incide direttamente sul rapporto fiduciario con il datore di lavoro e configura una lesione dell’interesse pubblico (quando il datore è la Pubblica Amministrazione).

2. 

Conseguenze disciplinari

Ai sensi dell’art. 55-quater del D.Lgs. 165/2001 (per i dipendenti pubblici), l’allontanamento arbitrario dal posto di lavoro, accompagnato da falsa attestazione della presenza, costituisce causa di:

  • licenziamento disciplinare senza preavviso;
  • interruzione del trattamento economico per il periodo indebitamente attestato;
  • sospensione dal servizio cautelare in pendenza di procedimento disciplinare.

Nel settore privato, il comportamento può integrare giusta causa di licenziamento ai sensi dell’art. 2119 c.c., poiché lede in modo irreparabile il vincolo fiduciario tra datore e lavoratore.

3. 

Conseguenze penali

Dal punto di vista penale, il comportamento può configurare diversi reati, a seconda della qualifica del soggetto e del contesto lavorativo:

a) 

Per i dipendenti pubblici

Si possono configurare:

  • Falsa attestazione o certificazione della presenza in servizio (art. 55-quinquies D.Lgs. 165/2001):
    Delitto proprio del pubblico dipendente, punito con la reclusione da uno a cinque anni.
  • Truffa aggravata ai danni dello Stato (art. 640, co. 2, n. 1 c.p.):
    Quando il comportamento è finalizzato a percepire indebitamente una retribuzione.
  • Peculato d’uso o altri reati accessori, se vi è utilizzo indebito di mezzi o strutture pubbliche.

b) 

Per i dipendenti privati

Anche nel settore privato, si può configurare:

  • Truffa contrattuale (art. 640 c.p.), se il dipendente induce in errore il datore di lavoro per ottenere illecitamente la retribuzione per ore non lavorate.
  • Falsità ideologica (art. 483 c.p.), nel caso in cui vengano prodotti documenti attestanti falsamente la presenza.

4. 

Responsabilità solidale e concorso di persone

In alcuni casi, più lavoratori possono essere coinvolti nel sistema fraudolento (es. un collega timbra per un altro). In questo caso si configura un concorso nel reato (art. 110 c.p.), e ciascuno risponde per l’intero fatto illecito.

5. 

La giurisprudenza di riferimento

La Corte di Cassazione ha costantemente confermato la gravità del comportamento. Tra le pronunce più significative:

  • Cass. Pen., Sez. VI, n. 39874/2016: ha ritenuto integrato il reato di falsa attestazione della presenza anche nel caso di timbratura effettuata da un collega.
  • Cass. Civ., Sez. Lav., n. 11868/2015: ha ritenuto legittimo il licenziamento per giusta causa di un dipendente che si allontanava sistematicamente dal posto di lavoro pur risultando presente.

Conclusioni

Il comportamento di chi timbra il cartellino e poi si allontana dal luogo di lavoro è da considerarsi gravemente illecito sotto molteplici profili. Le conseguenze possono essere disciplinari, penali e patrimoniali, tanto più gravi quanto più sistematico e doloso è il comportamento.

Per i dipendenti pubblici, la tolleranza è zero, come dimostrano gli interventi normativi e le numerose sentenze di condanna. Anche per i lavoratori privati, tuttavia, il rischio di licenziamento per giusta causa e di processo penale è concreto e ben fondato.

 

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