Con Il termine “violenza domestica” ci si riferisce ad una serie di comportamenti lesivi da parte di un soggetto che appartiene al nucleo familiare nei confronti di un altro.
Va da sé che si parla di “violenza” quando la natura dei maltrattamenti è reiterata nel tempo, la singola violazione costituirebbe altro tipo di reato come quello di lesioni o percosse.
L’art. 572 del codice penale (Maltrattamenti contro familiari o conviventi) cita “Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una professione o di un’arte, è punito con la reclusione da tre a sette anni. La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso in presenza o in danno di persona minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità come definita ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero se il fatto è commesso con armi…”
Quando si ritiene di essere vittima di una “violenza domestica” è necessario denunciare l’accaduto alle competenti autorità, rivolgendosi alle forze dell’ordine.
Inoltre, va sottolineato che il governo Italiano ha garantito che le vittime di queste tipologie di reati abbiano libero accesso al gratuito patrocinio, con relative spese processuali a carico dello Stato, senza limiti reddituali. Pertanto, l’ipotetica costituzione della persona offesa in giudizio tramite un avvocato che la rappresenti, sarà interamente pagata dallo Stato.
In aggiunta alla denuncia, la vittima potrà anche contattare i centri antiviolenza e/o una delle tante associazioni del territorio come il Telefono Rosa, che offre assistenza telefonica con consulenze gratuite, o il numero telefonico 1522 per entrare in contatto con operatrici specializzate.
Avv. Flavio Falchi