Codice del Lavoro

Articolo 18
Mansioni del lavoratore
(sostituisce l’art. 2103 cod. civ.)

1. Il lavoratore dipendente deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito, o a mansioni professionalmente equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza riduzione degli elementi della retribuzione direttamente riferiti al contenuto professionale della prestazione dedotta in contratto. Ogni patto preventivo in senso contrario è nullo.
2. Il datore di lavoro può validamente pattuire con il lavoratore dipendente, assistito da un rappresentante sindacale di sua fiducia, l’assegnazione di mansioni utili all’azienda diverse da quelle contrattualmente esigibili a norma del comma 1 quando, alternativamente:
a) l’evoluzione tecnologica determini l’obsolescenza del contenuto professionale delle mansioni contrattuali;
b) le mansioni contrattuali risultino incompatibili con la protezione della salute e sicurezza del lavoratore;
c) il lavoratore stesso lo richieda in funzione di un proprio interesse personale.

 

Articolo 19
Diligenza del prestatore di lavoro
(sostituisce l’art. 2104 cod. civ.)

1. Fermo restando il dovere di diligenza di cui all’articolo 1176 del Codice civile, il prestatore di lavoro deve usare la diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta e da quella dell’azienda.
2. Il prestatore di lavoro subordinato deve altresì osservare le disposizioni per l’esecuzione del lavoro impartite dal titolare dell’azienda o dai preposti.

 

Articolo 20
Divieto di concorrenza e obblighi di segreto
(sostituisce l’art. 2105 cod. civ.)

1. Il prestatore dipendente non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l’imprenditore. Non costituisce violazione dell’obbligo di non concorrenza, salvi gli obblighi di segreto di cui ai commi 2 e 3, la ricerca di una occupazione alternativa, né le negoziazioni ad essa relative.
2. Il prestatore, dipendente o autonomo, è tenuto al segreto, salvo il caso di giusta causa di utilizzazione o rivelazione a soggetti vincolati al segreto, sulle notizie riservate apprese in occasione della propria prestazione inerenti all’organizzazione del lavoro o alle tecnologie applicate, ai programmi commerciali, ai fornitori o ai clienti dell’impresa, che possano essere utilizzate da imprenditori concorrenti. Quando le suddette notizie siano state apprese per ragione della propria specifica funzione o mansione, la violazione dell’obbligo di segreto è punita con le sanzioni di cui all’articolo 623 del codice penale.
3. Il prestatore, dipendente o autonomo, è tenuto al segreto, salvo il caso di giusta causa di utilizzazione o rivelazione a soggetti vincolati al segreto, sulle notizie apprese per ragione della propria specifica funzione o mansione, dalla cui divulgazione possa derivare danno al datore di lavoro. La violazione di questo obbligo è punita con le sanzioni di cui all’articolo 622 del codice penale.

 

Articolo 21
Sanzioni disciplinari
(sostituisce l’art. 2106 cod. civ.)

1. L’inosservanza, da parte del lavoratore dipendente, delle disposizioni contenute negli articoli 19 e 20 può essere sanzionata sul piano disciplinare, secondo la gravità dell’infrazione. Nella valutazione dell’aggravante della recidiva non può tenersi conto di mancanze commesse prima dell’ultimo biennio precedente alla nuova infrazione.
2. Le informazioni relative a infrazioni e sanzioni disciplinari eccedenti il codice deontologico proprio della generalità dei lavoratori devono essere portate a conoscenza dei dipendenti dell’azienda mediante pubblicazione in rete con adeguata evidenza, quando la prestazione lavorativa comporti il collegamento abituale allo stesso sito, o affissione in luogo conosciuto e facilmente accessibile per tutti gli interessati.
3. Nessun provvedimento disciplinare può essere adottato a carico del lavoratore, senza che gli sia stato contestato preventivamente l’addebito o senza che egli sia stato sentito a sua difesa. Il lavoratore può farsi assistere da un sindacalista o consulente di sua fiducia.
4. Salva diversa disposizione contenuta nel contratto collettivo applicabile, la sanzione disciplinare può consistere nel licenziamento, in tronco o con preavviso, nella sospensione fino a un massimo di dieci giorni di calendario, nella multa di importo non superiore a otto ore di retribuzione, nella censura o rimprovero scritto, nel rimprovero verbale.
5. I provvedimenti più gravi del rimprovero verbale non possono essere applicati prima che siano decorsi cinque giorni dalla contestazione in forma scritta del fatto che vi ha dato causa.
6. In riferimento a fatti contestati suscettibili di dar luogo al licenziamento in tronco il datore di lavoro o committente può disporre la sospensione cautelare del lavoratore fino al termine del procedimento disciplinare. Il lavoratore ha diritto alla retribuzione per la durata della sospensione cautelare, salvo che all’esito del procedimento venga applicata la sanzione del licenziamento in tronco.
7. Salvo il caso di licenziamento in tronco, la sanzione irrogata non può essere eseguita prima della scadenza del termine per l’impugnazione in sede arbitrale, di cui al comma 8.
8. Il provvedimento disciplinare può essere impugnato dal lavoratore in sede arbitrale, davanti all’apposito collegio costituito presso la Direzione provinciale per l’impiego. Nel caso di impugnazione in sede arbitrale, l’esecuzione del provvedimento diverso dal licenziamento in tronco resta sospesa per la durata della procedura. Qualora il datore di lavoro o committente rifiuti la procedura arbitrale, promuovendo il procedimento giudiziale ordinario, l’esecuzione del provvedimento stesso resta sospesa per tutta la durata di questo.

 

Articolo 22
Orario di lavoro
(sostituisce l’art. 2107 cod. civ.)

1. Ferma l’applicazione della disciplina europea e delle leggi speciali sulla materia, la durata normale della prestazione di lavoro dipendente è di 40 ore settimanali.
2. Per ogni altro aspetto la materia dell’estensione temporale della prestazione di lavoro è regolata dal contratto collettivo e dal contratto individuale di lavoro.
3. La distribuzione dell’orario di lavoro nell’arco della giornata, della settimana, del mese e dell’anno è stabilita dal contratto, nel rispetto di quanto disposto dall’articolo 24. Quando la prestazione sia di natura subordinata, il contratto collettivo e quello individuale possono attribuire al datore di lavoro il potere di variare la distribuzione dell’orario, disciplinandone l’esercizio e prevedendo una adeguata remunerazione della flessibilità di cui in tal modo si fa carico al prestatore.

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