L’articolo 588 del Codice Penale recita: “Chiunque partecipa a una rissa è punito con la multa fino a trecentonove euro.
Se nella rissa taluno rimane ucciso, o riporta lesione personale, la pena, per il solo fatto della partecipazione alla rissa, è della reclusione da tre mesi a cinque anni. La stessa pena si applica se la uccisione o la lesione personale avviene immediatamente dopo la rissa e in conseguenza di essa”.
Dunque, qualunque tipologia di rissa (con o senza lesione) ha rilevanza penale, anche se per configurarsi tale ipotesi illecita deve esserci un numero minimo di partecipanti, sul quale la dottrina non è affatto concorde. Si può, orientativamente, ritenere che debba esserci un numero di almeno 3 persone, divise chiaramente in fazioni contrapposte con reciproca volontà di attentare all’incolumità altrui.
Quindi, qualora da parte di un soggetto vi sia unicamente resistenza passiva (ovvero lo stesso non tenta di arrecare offesa né provocazione), per lui non sussisterà il reato di rissa; in quest’ultima ipotesi, qualora il soggetto leso sia uno e sia contrapposto da un’unica fazione che lo aggredisce mentre lui cerca solo di difendersi/ripararsi, il reato di rissa non sussisterà per nessuno, neanche per gli aggressori che risponderanno unicamente di percosse ed eventualmente per le lesioni provocate.
Inoltre “il fatto che i componenti di uno dei gruppi di contendenti abbia agito in stato di legittima difesa non esclude per i componenti dell’altro gruppo il reato di rissa” (Cassazione, 2814/1982), e “l’esimente della legittima difesa è configurabile solo nel caso in cui durante la zuffa sia da taluno dei partecipanti minacciata un’offesa più grave e più pericolosa di quella inizialmente prevedibile” (Cassazione, 3446/1980).
Infine, trattasi di reato procedibile d’ufficio, dunque anche senza che taluno dei partecipanti sporga querela, sarà la Polizia Giudiziaria a denunciare la rissa.
Avv. Flavio Falchi