Cassazione, sentenza n. 1572/22

“2. Nell’esaminare il motivo di ricorso occorre tener conto di quelli che sono i
dati sulla cui base si è ritenuto di escludere la derubricazione del fatto nell’alveo
dell’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
La Corte di appello ha essenzialmente valorizzato il quantitativo sequestrato
(pari a circa gr. 100 lordi di hashish), il grado di principio attivo (34% circa, pari
a gr. 33 circa) e il numero di dosi singole astrattamente ricavabili dal complessivo
quantitativo sequestrato, ritenendo che tali elementi sarebbero di per sé indicativi
di una rilevante offensività della condotta rispetto al bene giuridico protetto.
È, pertanto, corretto il rilievo difensivo secondo cui l’esclusione della
fattispecie di cui al comma 5 dell’art. 73 è stata motivata esclusivamente con
riferimento al dato quantitativo.
2.1. Per consolidata giurisprudenza, invero, il reato di cui all’art. 73, comma
5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, può essere riconosciuto in ipotesi di minima
offensività penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo,
sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione (mezzi, modalità, circostanze
dell’azione), con la conseguenza che, ove uno degli indici previsti dalla legge risulti
negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul
giudizio (Sez.U, n. 35737 del 24/06/2010, Rico, Rv. 247911; Sez.U, n.17 del
21/06/2000, Primavera, Rv. 216668).
Anche la più recente pronuncia resa da Sez.U, n.51063 27/09/2018, Murolo,
2
Rv. 274076 ha fatto applicazione di tali principi, sia pur con riguardo ad una
fattispecie diversa da quella in esame, affermando che la diversità di sostanze
stupefacenti oggetto della condotta non è di per sé ostativa alla configurabilità del
reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, in quanto l’accertamento
della lieve entità del fatto implica una valutazione complessiva degli elementi della
fattispecie concreta, selezionati in relazione a tutti gli indici sintomatici previsti
dalla disposizione.
2.2. I principi espressi a più riprese dalle Sezioni unite forniscono un
parametro interpretativo univoco, essendosi ribadito come nella valutazione della
tenuità del fatto ai sensi del comma 5 0 dell’art. 73, non può assumere, di norma,
valenza esclusiva ed assorbente il dato quantitativo, né quello qualitativo con
riferimento alla diversità delle sostanze oggetto di cessione.
La valutazione del fatto deve guardare alla complessità dello stesso,
valorizzando – in senso positivo o negativo – tutti gli elementi che
contraddistinguono quella determinata condotta. Tale criterio di giudizio può
subire una flessione solo nel caso in cui il dato ponderale sia di per sé talmente
rilevante da determinare l’assorbimento dei restanti aspetti della condotta.
Nel caso di specie, tuttavia, si è in presenza di un dato ponderale non
particolarmente significativo e pienamente compatibile con un’attività di “piccolo
spaccio”, comportante una disponibilità economica limitata e introiti ridotti, nonché
la possibilità di soddisfare un numero minimo di richieste di cessione.
2.3. La Corte di appello ha particolarmente stigmatizzato, al fine di escludere
la tenuità del fatto, il numero di dosi medie singole indicato in 1351.
Invero, il giudizio di offensività richiesto dall’art. 73, comma 5, d.P.R. 9
ottobre 1990, n. 309 non può fondarsi sul numero di dosi medie singole ricavabili,
posto che tale dato indica unicamente, la quantità di principio attivo per singola
assunzione idonea a produrre in un soggetto tollerante e dipendente un effetto
stupefacente, ma non corrisponde necessariamente al numero di dosi in concreto
commercializzate con il quantitativo di stupefacente sequestrato.
In base al DM 11 aprile 2006, il concetto di dose media singola, infatti,
rappresenta essenzialmente il dato numerico sulla cui base, applicando un
moltiplicatore variabile a seconda del tipo di sostanza, si giunge all’individuazione
del quantitativo soglia rilevante per la presunzione di uso personale dello
stupefacente”.

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